sabato 2 marzo 2013

Trovati relitti di navi romane nelle acque dell’antica Augusta turca


Durante l’ultima campagna di scavo nel sito di Elaiussa Sebaste (‘Augusta’ in greco), odierna Ayas, sulla costa della Cilicia (Turchia sudorientale), la missione archeologica dell’Università di Roma ”La Sapienza”, diretta da Eugenia Equini Schneider, ha svolto una serie di ricerche subacquee. Proprio nel mare di fronte al promontorio di Elaiussa sono stati localizzati dei manufatti in terracotta e altri materiali riferibili a due relitti navali. Lo riferisce un articolo pubblicato sul nuovo numero della rivista ”Archeologia Viva” (Giunti Editore). Il primo relitto è di una nave di eta’ imperiale romana (II secolo d.C.) in arrivo nel porto settentrionale di Elaiussa con un carico in prevalenza di anfore iberiche e marmi. L’altro, di età bizantina (VI-VII secolo d.C.), con materiali locali e di provenienza mista (dall’Egeo, dalla Palestina e dall’Africa), doveva appartenere a un’imbarcazione che seguiva rotte di cabotaggio, con scali in diversi porti del Mediterraneo. La città antica, estesa sul promontorio e su un’ampia fascia costiera, fu uno dei principali porti della regione, emerge dagli studi degli archeologici italiani, sviluppandosi sin dall'età augustea (fine I a.C.-I d.C.) e, soprattutto, dopo che nel 74 Vespasiano riorganizzò l’impero istituendo definitivamente la provincia di Cilicia.
Mantenne poi il suo ruolo commerciale, nonostante le incursioni dei Sassanidi di Persia (con Shapur I nel 260), per tutto il tardo impero e la prima eta’ bizantina, fino al VII secolo. Lo scalo di Elaiussa si trovava infatti all’incrocio fra le più importanti vie marittime e terrestri, in un punto di passaggio obbligato fra Siria, Palestina, Egitto e penisola anatolica. Il progetto di ricerca dell’Università di Roma ”La Sapienza” ha come obiettivo lo studio del ricchissimo – e quasi completamente sconosciuto – patrimonio del sito, minacciato dall’abbandono e dalla speculazione edilizia. Le ricerche condotte in questi anni hanno messo in luce monumenti pubblici e privati di eta’ romana imperiale (teatro, agora’, terme, tempio, necropoli) e del periodo protobizantino (un monumentale palazzo destinato all’autorita’ civile, finora senza confronti nell'architettura dello stesso periodo in Anatolia, e numerose basiliche cristiane). I dati di scavo attestano che la città fu parzialmente distrutta e definitivamente abbandonata nel 672, all'epoca dell’invasione araba di questa parte della costa anatolica. Nell’ultima campagna di scavo alle indagini sul terreno, che in particolare hanno riguardato la chiesa episcopale, un impianto termale e la torre-faro sul promontorio che segnava l’ingresso al porto settentrionale, si sono affiancate le citate prospezioni subacquee lungo la fascia costiera.

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