domenica 23 febbraio 2014

Dal "prototurismo" al turismo di massa: la storia ci racconta.

di Lucia Checchia

La storia ci racconta che le prime “pratiche prototuristiche” sono da rintracciarsi nella “villeggiatura al mare”, prassi già  praticata nella seconda metà del I sec. a.C., epoca in cui gli aristocratici romani solevano trascorrere le proprie “vacanze” in sontuose ville costruite sulla riva del mare con porticati e moli che si estendevano sino all’acqua. In questi ritrovi di vita mondana, nei quali venivano organizzate feste e spettacoli, si poteva accedere solo tramite invito. I moralisti dell’epoca li consideravano luoghi di perdizione, nei quali venivano consumati gli amori più sfrenati e nei quali ci si lasciava andare alle più disparate esperienze erotiche.


Di giorno si organizzavano banchetti in barca o sulla spiaggia. Parte della giornata veniva trascorsa alle terme (le località marittime ospitavano spesso anche centri termali). L’amore per i viaggi e la villeggiatura trovava sostegno in una formidabile rete stradale che collegava Roma a tutto il mondo allora conosciuto. Le strade, sviluppate soprattutto per garantire un efficiente servizio postale, erano dotate, ad intervalli regolari, di stazioni di cambio per i cavalli (mutationes). Per le soste più lunghe c’erano le mansiones, dove erano dislocate locande per soste notturne e botteghe artigiane di vario tipo. 
Per gli spostamenti lunghi venivano utilizzati i raedae, comodi carri a quattro ruote. Per le brevi distanze si preferivano i carpenta o i cisia, carri a due ruote trainati da muli.
Chi non disponeva di mezzi di trasporto propri poteva noleggiarli alle stazioni di posta dai cisairii o dai carrucari.
Durante i loro spostamenti, i viaggiatori potevano consultare gli Itineraria, ovvero delle guide viarie dove erano indicate le stazioni di sosta, lo stato delle strade e le notizie essenziali sulle regioni e i vari centri. Oltre agli itinerari di tipo descrittivo ne esistevano altri disponibili in forma di grafici o cartine.
Con il declino dell’impero romano e le sempre più frequenti invasioni barbariche, questi luoghi di ritrovo si trasformarono in luoghi di difesa, divenendo delle fortezze.
Con la diffusione del Cristianesimo  si chiuse l’epoca dei bagni. Alla cura del corpo e al mito della bellezza si sostituì la mortificazione della carne.

I viaggiatori ripresero a frequentare assiduamente le stazioni termali marine solo nel 1720 in Gran Bretagna dove il “turismo balneare” si affermò tra il 1755 e il 1780. Il ritorno all’acqua trovava la sua giustificazione nella scienza medica che esaltava le virtù del bagno nell’acqua fredda del mare. All’inizio dell’Ottocento dall’acqua si passò all’aria di mare che, secondo i trattati medici, contribuiva alla guarigione delle malattie respiratorie. L’attrazione principale delle stazioni balneari era il Kursaal, una costruzione a ridosso della marina che si prolungava fino al mare mediante un molo sorretto da piloni. A contribuire al rapido sviluppo delle località balneari fu la nascita della ferrovia e l’impegno finanziario profuso dagli imprenditori locali e dalle pubbliche amministrazioni per dotare questi centri turistici di strutture ricreative e ricettive.


In Italia i bagni di mare fecero la loro comparsa alla fine del Settecento anche se, per tutta la prima metà dell’Ottocento, vennero considerati una terapia da usare con cautela. I primi stabilimenti erano costruiti in legno e i bagnanti si calavano in acqua con l’ausilio di scalette che partivano da camerini posti su “piattaforme”. Solo nei primi decenni del Novecento il bagno perse la sua funzione terapeutica divenendo un momento di svago. 

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