lunedì 2 luglio 2012

I dinosauri erano rettili a sangue caldo: uno studio chiude il dibattito scientifico


Un lavoro condotto dai ricercatori del Institut Catala de Paleontologia Miquel Crusafont(ICP), in collaborazione con un ricercatore dell’Istituto Polare Norvegese e pubblicato dalla rivista Nature, smonta le ipotesi secondo le quali i dinosauri avrebbero potuto essere rettili a sangue freddo. L’idea che i dinosauri potessero essere animali a sangue caldo non è certamente una novità. Per oltre 40 anni, scienziati di tutto il mondo si sono confrontati senza riuscire a risolvere il quesito. Il fatto di aver raggiunto dimensioni di decine di metri e pesi enormi in un tempo molto breve, ha portato gli scienziati a pensare ad una fisiologia endotermica, poiché tale crescita è conosciuta soltanto tra gli animali con metabolismo elevato. Gli animali di questo tipo sono in grado di generare calore interno, consentendo di ottenere un metabolismo molto attivo sin dalla nascita. “Abbiamo cercato di capire meglio la fisiologia dei mammiferi esistenti e di come l’ambiente li riguardi – le loro variazioni di crescita a causa di temperature esterne, della pioggia e della disponibilità di cibo e acqua“, dicono i ricercatori. E’ stato il primo passo nel campo della ricerca paleontologica sulla fisiologia degli animali che vivevano diversi milioni di anni fa. Ma i ricercatori hanno capito che quello che hanno osservato nelle ossa di ruminanti diversi confuta l’argomento principale per una fisiologia di ectotermia nei dinosauri. L’articolo pubblicato su Nature offre il primo studio sistematico, basato su un ampio campione rappresentativo di mammiferi di una grande varietà di ecosistemi, che ci danno informazioni su come la fisiologia (metabolismo) di un animale cambia a seconda dei cambiamenti stagionali, sia a sangue freddo che caldo. Questi cambiamenti rappresentano un patrimonio comune in tutti i vertebrati e sono una sorta di orologio interno che regola le esigenze degli animali in base alla disponibilità delle risorse stagionali.







Nonostante questi cambiamenti fisiologici abbiano una forte componente genetica, sono anche funzionali e la loro intensità dipende dalle condizioni ambientali in cui gli animali vivono. I principali fattori ecologici sono la pioggia e la fornitura limitata di cibo e acqua, piuttosto che la temperatura esterna. Questa scoperta apre una linea importante di ricerca sulla conservazione della biodiversità attuale del nostro pianeta e chiude definitivamente il dibattito scientifico.“Può sembrare sorprendente che fino ad ora non era stato effettuato uno studio sistematico”, afferma il ricercatore Meike Kohler. “In realtà – continua – ci sono tante cose che non conosciamo in quanto la scienza non sempre avanza in modo lineare. Le idee in qualche modo avevano a lungo vagato tra la comunità scientifica, ma il lavoro che abbiamo pubblicato le organizza e le basa su dati scientifici”. Alcuni studi precedenti avevano già messo in dubbio questa ipotesi e fra la comunità scientifica internazionale c’è stato un crescente consenso circa questa nuova idea. Un altro aspetto molto interessante di questo lavoro è la sua applicazione agli studi per la conservazione della biodiversità del pianeta. Kohler e i suoi colleghi hanno incluso nel loro studio più di un centinaio di ruminanti, in rappresentanza di quasi tutte le tribù esistenti. In tutto, sono stati analizzati fino a 115 femori destri in 36 diverse località in Africa e in Europa, località che coprono quasi tutti i diversi regimi climatici esistenti. Il peso non è stato un fattore discriminante, giacché alcuni adulti pesavano 3-4 kg, mentre altri raggiungevano i 900 kg. I grandi mammiferi, come tutti gli organismi che sono esposti ai cambiamenti stagionali, hanno sviluppato adattamenti fisiologici che consentiva loro di sopravvivere alle stagioni sfavorevoli, traendo il massimo vantaggio dalla stagione favorevole. Questi cambiamenti metabolici sono ben visibili nei sistemi endocrini delle specie esistenti. Questo fatto conferma l’ipotesi che la disponibilità delle risorse, che dipendono in larga misura la precipitazione in una zona, influenza la crescita e la fisiologia delle specie. Grazie alla ricerca guidata da Meike Kohler, è stato possibile dimostrare una correlazione diretta tra i più alti tassi di crescita e gli alti livelli di metabolismo con la disponibilità delle risorse alimentari. Questi studi permetteranno una migliore conservazione dei mammiferi e una migliore conoscenza di come l’attività umana nei cambiamenti climatici possa mettere in pericolo la biodiversità del pianeta.


Fonte: http://www.meteoweb.eu

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